Che tra gli astrologi e gli astronomi non scorra buon sangue è cosa nota. Ciò che naturalmente divide maggiormente queste due categorie di sapienti è il concetto di “influsso planetario”. Gli astronomi, a ragione direi, sostengono che non vi possa essere un influsso fisico dei pianeti del sistema solare sulle vicende degli esseri umani. E questo sembra un punto condivisibile e sensato. Come può, in effetti, un pianeta così lontano da noi, ad esempio Plutone, influire sui nostri comportamenti e sul nostro destino? Neppure la Luna, che ci consiglia quando è meglio andare dal parrucchiere affinché un taglio di capelli possa durare di più, non è alla fine un pianeta che influisce in maniera sostanziale sulla nostra vita. Tra l’altro, gli influssi planetari così concepiti avrebbero i medesimi effetti su tutti gli abitanti della Terra, senza distinzione alcuna.
L’astrologia credibile, quella cioè che dovrebbe modellare il destino degli uomini, non è dunque una questione di influssi fisici a distanza, né tantomeno di causalità, intesa come causa astronomica cui corrisponde un’azione umana. Dalle recenti scoperte della fisica quantistica emerge tuttavia un nuovo mondo, dove non c’è posto alcuno per la causalità, ma in cui tutto avviene simultaneamente all’interno di un mega contenitore cosmico dotato di memoria perenne, come avevano intuito bene già gli antichi Veda con i registri akashici. Secondo questa nuova-antica concezione, l’astrologia assume un altro significato; non è l’influsso dei pianeti che determina le azioni degli uomini secondo una legge di causalità, ma è un simbolismo planetario a fare da cassa da risonanza universale sui caratteri degli individui, e dunque, a stabilire una tendenza prevedibile del loro modo di agire.
Tra gli astronomi, Margherita Hack fu quella che più si è accanita sui malcapitati astrologi, dall’alto di un fare arrogante e schernente che è tipico di alcuni intellettuali dogmatici. Ma probabilmente, la nostra pur rispettabile astronoma toscana non venne mai a conoscenza dell’opinione che uno dei suoi più grandi maestri, tale Johannes Keplero, aveva sull’astrologia:
“In che modo la configurazione del cielo al momento della nascita determina il carattere? Essa agisce sull’uomo durante la sua vita come le cordicelle che un contadino annoda a casaccio attorno alle zucche nel suo campo: i nodi non fanno crescere la zucca, tuttavia ne determinano la forma. Lo stesso vale per il cielo: non dà all’uomo le sue abitudini, la sua storia, la sua felicità, i suoi figli, la sua ricchezza, la sua sposa…però modella la sua condizione…”
A portare acqua al mulino degli incompresi e screditati astrologi, due secoli dopo Keplero, fu anche il grande letterato Johann Wolfgang Goethe, che negli Scritti orfici immortala la “vecchia prostituta della scienza” con questi versi:
“Allo stesso modo in cui nel giorno in cui nascesti / il Sole si offrì al saluto dei pianeti, / così in seguito crescesti in base alla legge di quell’ora. / Così dev’essere, sfuggire non puoi, /già lo dissero profeti e sibille, / e nessun tempo e nessuna forza / può spezzare la forma già coniata che vivendo si evolve.”
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